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Tutto il mondo un palcoscenico e gli uomini e le donne sono soltanto attori


Immagino che saresti disposto a giurare che William Shakespeare scrisse l’Amleto.
di Maurizio Monti
Editore Istituto Svizzero della Borsa

Dai tempi della scuola e dell’Università, i tuoi professori di inglese hanno dato per certa la paternità dell’immenso repertorio di opere attribuite al grande drammaturgo inglese.

In realtà, molti particolari della sua vita non quadrano affatto.

Per certo, egli non si spostò mai dai luoghi dove era nato e dove esercitava la sua attività sicuramente accertata: che era quella di attore più che di scrittore.

Shakespeare nacque il 23 aprile 1564 a Stratford-upon-Avon (Avon è un fiume), non lontano da Birmingham, la seconda città del Regno Unito.

Oggi Stratford richiama turisti, che visitano la casa natale di Shakespeare, quella della mamma Mary Arden, la casa colonica di 12 stanze di sua moglie Anne Hathaway e, ovviamente, la tomba del grande William.

Curiosa attrazione di Stratford è anche un Pub, il Black Swan (sì, il Cigno Nero, come quello di Taleb Nassim), dove si incontravano gli attori dopo gli spettacoli teatrali.

Tutta la vita di Shakespeare è costellata di riservatezza e mistero, tanto che abbiamo in realtà poche informazioni di lui: salvo i documenti del battesimo dei figli, di fatto, fino al 1592 sappiamo quasi nulla di lui.

Sono di quell’anno, invece, numerosi documenti che attestano la sua ascesa come attore.

Oltre alla notorietà, come sempre accade, comparvero subito i primi detrattori, uno dei quali, Robert Greene, pubblicò una lunga invettiva dove definiva il rivale “un corvo parvenu”.

In concomitanza con la frequente chiusura a cui andavano soggetti i teatri, a causa delle epidemie di peste, risultano pubblicati i sonetti e i poemi attribuitigli.

Fu nel 1594, che Shakespeare si unì ad una compagnia teatrale importante, che ebbe anche l’onore di fare rappresentazioni alla presenza della regina Elisabetta I e, alla morte di quest’ultima, davanti a Giacomo I Stuart, successore di Elisabetta.

Questo fu probabilmente l’iniziativa che gli diede più fortuna economica, tanto da acquistare con i proventi numerose proprietà immobiliari in Stratford, nonché una quota della compagnia a cui apparteneva, di cui divenne anche amministratore.

Shakespeare morì a 52 anni, lasciando nel testamento, un rilevante patrimonio a una delle figlie, e “il suo secondo miglior letto con il mobilio” alla moglie. Proprio così, alla moglie il letto …

Molti studiosi di calibro mettono in dubbio che tutte le opere attribuitegli siano effettivamente state scritte da lui.

Parliamo di Mark Twain e di Charles Dickens, per citare due nomi storici della letteratura inglese, che non mancarono di manifestare numerosi dubbi.

In epoca recente, Dario Calimani, docente di letteratura inglese all’Università Cà Foscari di Venezia, nel suo saggio “William Shakespeare: i sonetti della menzogna”, dichiara che “non esiste un solo documento probante che leghi Shakespeare alle opere che gli sono attribuite”.

Durante la sua vita, non ci fu alcuno scambio epistolare da parte sua con altri scrittori o letterati. Nessuno scrisse nulla alla sua morte.

Nelle sue opere è citata spesso l’Italia, ma lui non si spostò mai da Stratford e Londra.

Una cosa curiosa, che desta numerosi sospetti, è che un suo contemporaneo, tale John Florio, di origini italiane, era letterato di grande cultura, docente a Oxford, beneficiario di incarichi di grande prestigio da parte della Casa Reale.

E’ stato Corrado Panzieri, cofondatore dell’Istituto di Studi Floriani di Milano, dopo venti anni di ricerche, ad ipotizzare che fu Florio a scrivere le opere, o la maggior parte di esse, che vennero poi attribuite a Shakespeare.

Per qualche ragione, Florio stesso favorì, volontariamente o forse no, la loro attribuzione a William Shakespeare. Di certo, era un modo per dare loro maggiore diffusione, grazie all’apprezzamento riscosso dal pubblico da parte di quest’ultimo come attore di teatro.

Sorpreso?

E’ quanto avviene spesso in finanza.

Abbiamo credenze consolidate, e ci sorprendiamo quando vengono messe in discussione.

Le credenze, che sono in realtà scorciatoie del cervello, ci danno sicurezza. Abbiamo bisogno di certezze quando parliamo di denaro e amiamo intrappolare il nostro cervello in tutto ciò che aumenta il nostro livello di comfort.

Se Fischer Black, Robert Merton e Myron Scholes si fossero appoggiati sulle credenze, non avrebbero sviluppato la formula che ha dato loro il Nobel e che viene utilizzata come metodo di calcolo del valore delle opzioni.

Con lo stesso criterio, dobbiamo abbandonare le presunzioni di certezza. Mettere in discussione tutto. Rifondare le nostre aree di comfort.

Una delle certezze tipiche che abbiamo è che in finanza dobbiamo seguire le previsioni e fare trading individuando la direzione del mercato.

Fare trading sulle previsioni è semplicemente sbagliato, il trading è basato su un metodo.

Non solo: se usi il metodo giusto, puoi guadagnare lo stesso, quando sbagli la direzione. E, con lo stesso metodo, se azzecchi la direzione guadagni anche di più.

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    Operiamo in Canada, Francia, Italia, Spagna, Tunisia e Portogallo, direttamente o con importanti partner locali. Le figure professionali più richieste: medici, infermieri, programmatori, saldatori, e personale per l'edilizia.


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