
Apoteosi di Palermo Certamente da un giudice cosa potresti aspettarti, l’ex pubblico ministero Carofiglio ne è stato maestro, cominciando dai margini come avvocato Guerrieri e maresciallo Fenoglio, per giungere al femminile con la sua professione con Penelope Spada, una mutevole lunga carriera di serial, dal 2002, con la nostra mitica Elvira Sellerio. di Carmelo Fucarino 02 marzo 2023
Una precisa fisionomia di serialista che mette in completa ombra quella di romanzi seri, racconti saggi sceneggiature. Confesso di non avere letto un solo testo, sommerso per decenni ormai da questa moda del poliziesco in tutte le salse, sulle primitive forme di Poe e il profluvio di Simenon, Agatha Christie e moderni esclusivi giallisti, successori a coprire la vita di misteri da risolvere, evoluti nell’horror del maestro cinematografico Dario Argento.
A questa schiera si è aggiunta in casa la moglie Rosa Maria Ponte con le sue analisi psicologiche tra realtà e sogni invadenti ed ossessivi,in cui manca in modo assoluto il poliziotto o il giudice indagatori serial nell’espandersi di una realtà che trova pur sempre il suo mistero che spesso resta nella sospensione del dubbio o nell’offerta di possibili soluzioni al lettore.
Il battesimo alla narrativa di Nicola Aiello non devia dal tragitto imposto dalla sua professione e lo esplicita già senza equivoci e contorsioni equivoche nell’ampio e piano titolo. Si tratta di ‘omicidi’, addirittura tre, nel numero che si assunse dalla chiesa cattolica a rivelare la perfezione della natura divina.
Dal fatto, l’omicidio, si passa ed evolve nel tempo storico, preciso e straordinario, per la sua eccezionalità sconvolgente, “prima della quarantena”. Tutti sanno cosa fu il tragico e funereo durante e cosa è ancora con i suoi strascichi, le paure e le scaramanzie del ‘dopo’. Di questo pauroso e angosciante, invisibile e misterioso covid solo qualche cenno fugace, lo sguardo ‘pugnalata’ dell’amico medico Cesare e la sua ‘tristezza infinita’ per i “malati contagiati dall’epidemia polmonare che andava dilagando” (p. 121).
In una sintesi topo-temporale, Tre omicidi prima della quarantena (Nuova Ipsa editore, Palermo, 2020, pp.148). i trenta capitoli con un epilogo sviluppano con lo stesso ritmo di azione e topos la vicenda che si dipana e intreccia con altri flashes di episodi a margine, pur tuttavia di grande impatto e spessore emotivo, spesso didascalico, nella interpretazione e nella soluzione in cui è sempre presente la lettura sociale e quella psico-analitica. E questa teoria che nelle opposte soluzioni di Freud e Jung volle spiegare l’umano agire si sviluppa la ricerca, con approcci consuete ipotesi e tentativi che alla fine risultano approcci illusori.
E per me è una sorpresa da quando, mossa in mora la genialità risolutiva delle sedute salvifiche - Woody Allen con il percorso di una intera esistenza ne dimostra la vacuità e inconsistenza terapeutica, se non momentanea - ho cominciato a rivedere le teorie, nate nell’alveo della cultura greca, nella sua letteraria risoluzione tragica e filosofica tra complesso di Edipo o di Giocasta.
Anche l’interpretazione dei sogni mi rimandò a Platone-Socrate e mi svelò ancora le basi classiche del tema. Qui la via psicoanalitica e l’indagine caratteriale sembra un credo che si espande in tutte le indagini, da quella del personaggio-tema che da quasi subito viene assemblato come seriale e quindi la ricerca di un esperto. Eppure la rivelazione finale, “la donna della mia vita, l’amore più bello della mia esistenza, mi aveva salvato la vita (p. 145) abbatte tutte le apparenze e le deviazioni dalla verità, quell’ancora che a me pare riassuma la fase della vita dell’autore.
Fino ad allora tra amori fugaci e flirt l’unico affetto che aveva sorretto la sua esistenza era stato Romeo, sicuro e onnipresente, pronto ad attenderlo “col guinzaglio fra i denti”, tanto importante da aver titolato un capitolo (p. 22, A spasso con Romeo). Ed era l’autobiografia espressa in letteratura, l’abbandono della fidanzata, il rifiuto di ogni nuovo approccio, la sicurezza di potere fare a meno anche del semplice sesso. L’effervescente comitale solitudine del protagonista Nicola nel momento della crisi di coppia, per lui angosciosa ed annullante.
 Rosa Maria Ponte,Carmelo Fucarino,Nicola Aiello
Ma chi è il protagonista-autore e quali soluzioni etiche trova alla sua professione? Questo è il decalogo etico di Nicola, riguardo all’uomo chiamato a giudicare un altro uomo ripreso in modo esplicito e documentale dalla Solitudine della toga di Bufalino, nel ridicolo che suscita pietà, nella sua incongruenza «poiché giudicare è altrettanto impossibile quanto indispensabile, almeno fino quando esiste un patto sociale e contegni che lo insidiano e lo violano e finché si ritenga che una sanzione valga a punirli, quei contegni epperò a frenarli» (p. 111).
Ed è un imperativo etico da divulgare in tutti i digital media e talk show, in questo momento di estrema e abissale crisi della giustizia e delle sue leggi artate a proprio uso e consumo, oltraggiate e offese da sommi uomini dello Stato che dovrebbero innalzarle a simboli divini. Soprattutto ai doveri del pubblico ministero e «al dolore che talvolta lei ha inferto ai suoi imputati» (p. 118). Certo non “un PM da marciapiede: droga, sesso e rapine” (p. 73).
Il testo si pone nella linea aperta dalla narrativa di Sciascia, sia riguardo al modo di fare l’indagine sia nella collocazione topografica ed etnografica dell’episodio. Tuttavia più stretti ed esorbitanti sono i rapporti con la sua città. Palermo da questo punto di vista né è la protagonista assoluta. Intanto i luoghi: attraverso l’esplicita e diretta chiamata in causa delle strade, delle chiese che dichiarano le fede profonda dall’autore con la presenza alla messa addirittura nelle giornate feriali.E poi le puntate quotidiane ai ristoranti cittadini e le ricette dei pasti, l’immancabile polemica sul genere grammaticale, la forma e la composizione dell’arancina.
Sciascia già nel 1962 in L’Apollo Bongustaio, l’Almanacco gastronomico curato dal suo amico poeta Mario Dell’Arco dissertava su “come ottenere l’arancina giusta”, e per scrivere Il consiglio d’Egitto, è determinato: “L’arancina vuole l’olio d’oliva: di quello coi suoi buoni gradi di acidità, col vivo sapore dell’oliva, di brillante e denso colore… Perché l’arancina - scrive - deve avere croccante crosta, appunto del colore dell’arancia che comincia ad appassire: e per ottenerla bisogna sia immersa completamente nell’olio bollente, e tirata al punto giusto”.
Nel testo Sarde e altre cose allo zolfo che contribuisce a esaltarne lo speciale gusto, predilezione per la cucina povera, e poi le farfalle al sugo, la torta Savoia di Di Pasquale, preferita quando ai primi del Novecento soggiornava a Ragusa, il sorbetto al gelsomino, il candiero, per torrone e confetti indica senza indugio la mandorla di Avola, e del minestrone asciutto pitaggiu. E ancora «c'è cuscus e cuscus: il cuscus dei poveri e il cuscus dei ricchi, il cuscus che sazia e quello che delizia» (cf. Salvatore Vullo, "Di terra e di cibo", Sciascia editore, sulle passioni alimentari dello scrittore di Racalmuto).
In questa localizzazione culinaria Sciascia fu maestro e se ne esime tra romanzi gialli o rosa, tutti danno prova di esperti gourmet, tra street food e vini speciali fino alla nouvelle cousine. Un piccolo ricettario della cucina del centro isolano che qui con il gusto di Nicola si specifica già nel primo capitolo con l’”aperitivo a piazza San Francesco di Paola”, sito e chiesa ed edicola con quel giornalaio dai capelli canuti che sono sempre presenti (p. 7 ss.) e che i locali viviamo assieme alle presenze del narratore. Qui, le due amiche, Laura prima vittima, tra una bottiglia di Corona avviano l’ambientazione cronologica con il cenno sul “virus della polmonite bilaterale degli interstizi di Wuhan. Da lì lo schema dell’omicidio e del sopralluogo con quei codici che ritroveremo come indagine caratteriale alla Freud.
Seguiamo subito lo stradario palermitano da Mondello per la Favorita, piazza Leoni, via Sampolo, meta via Arimondi. Ma ci saranno anche Capo Gallo e Costa Ponente, l’immersione sotto la vigile guida dell’esaminatore. Vi lascio a ricostruire i tragitti della città che è tutta presente nei diversi passaggi e a crearvi la cartina completa, un giro turistico affascinante.Così a gustare i variegati piatti, che hanno il posto di onore da dare il titolo al capitolo, a cominciare dal V dal titolo Fritto di calamari alla trattoria ‘Sopra le mura’ (p. 29), al capitolo IX, ‘La cena bolognese’ al Borgo Vecchio con “vino rigorosamente rosso” (p. 43), e ancora il capitolo X con Pagliarelli e arancina da Massaro, «quelle consistenti palle di riso fritto brillavano come il sole delle dieci di un mattino di mezza estate… si trattava di una netta vittoria sull’arancino a punta del bar di Catania… trionfo di ingredienti, dall’uovo sodo a pezzi, al ragù di carne» (pp. 47-50), e il capitolo XV, Pane, panelle e ladri da bar, fino alla bistecca argentina (p. 120), al cannolo scomposto (p. 121).E il ristorante di Monreale con pregiate bistecche (p. 86).
Al colmo della bellezza del paesaggio la terrazza di Mondello dell’Antico stabilimento balneare, il noto Charleston in stile Liberty con il capitolo XXVIII ‘Cena sul mare’, la goduria dei frutti di mare e il grillo Tasca d’Almerita (pp. 135 s.).Certo non poteva mancare la prova di esperto chef nella cena casalinga a base di pesce, ricciole e aringhe, con contorno di finocchio, sedano e spicchi di arancia, presenti immancabili pistacchi e olive.
Non vi dico nulla sul puzzle dei due omicidi tra indagini di contorno, come quella per corruzione di minorenne, altrimenti che giallo sarebbe.A me interessava mostrare la specificità ambientale di una Palermo, presente anche nella squadra di calcio (p. 61, «comu ni finiu male»). Del serial killer posso dirvi che «coltiva il desiderio recondito di essere scoperto o comunque di mettere alla prova chi sta sulle sue tracce» (p. 105 s.).
E per finire c’è pure la Villa Zito dei nostri consueti convegni e cene con la mostra di Nicola Pucci che dà un simbolico segno alla copertina, l’uomo che beve il tè su una scala poggiata sul mare in tempesta, «la sicurezza dell’uomo che scrutava il cielo prevaleva sull’irrequietezza delle onde. La consapevolezza che il coraggio e l’attesa lo avrebbero premiato» (p. 83). |

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