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L’Archeologia per tutti

di Carmelo Fucarino 05 febbraio 2021

Voglio premettere che l’archeologia è stato l’amore che mi portò ad iscrivermi a Lettere classiche, anche se il percorso del Liceo classico poteva condurre a questa scelta privilegiata, ma non alla sola

Il mio primo incontro appena saliti i gradini ed entrato nell’antisala della facoltà di Archeologia di Palermo fu quello con la copia di una statua acefala di Afrodite. Forse non l’avrei notata, se il bidello non mi avesse accolto con il suo ammiccante cenno del capo: «Ci pirdì ‘a testa», riferendosi all’ardore della sua passione da perderci la testa.
Lo straordinario di questa scelta fu anche un altro. Ebbi come professore Achille Adriani, a Palermo dal 1948 al 1966, allora Direttore del Museo greco-romano di Alessandria di Egitto, occupato in una campagna di scavi nella città alessandrina (Documenti e ricerche di arte alessandrina, in 4 voll., 1947-1959, Lezioni sull’arte alessandrina, 1972), oltre alla scoperta di Himera I con le sue campagne di scavo del 1963-65.


Carmelo Fucarino

Non fu pertanto un caso se il mio corso di studi riguardò la speciale struttura planimetrica della città di Alessandria. Quei miei primi amori avevano trovato base e sostegno anche dalla lettura di quello straordinario saggio Civiltà sepolte del giornalista tedesco Kurt Wilhelm Marek in arte C.W. Ceram, con la sollecitante prefazione del grande Ranuccio Bianchi Bandinelli (Collana Saggi, n.161, Einaudi, Torino, 1952-2015). Il saggio, guarda caso, ha come sottotitolo Il romanzo dell’archeologia. Dopo la prima parte dedicata a  Il libro delle statue, al creatore della scienza Johann Joachim Winckelman con la sua Geschichte der Kunst des Alterthums del 1763 e poi ad Heinrich e al tesoro di Priamo della supposta, trafugato in Germania sul corpo della moglie Sophia. Proprio la seconda parte del saggio è dedicata a Il libro delle piramidi, a partire dal geniale interesse di Napoleone che si portò al seguito l’archeologo Champollion, che portò al fortunoso rinvenimento della stele trilingue di Rosetta e alla decifrazione dell'iscrizione tolemaica fino ad Howard Carter e alla tomba di Tut-ench-Amu. Il testo attivò e nutrì il mio amore per la lunga vicenda delle scoperte archeologiche, e fu la bibbia dell’archeologia da divenire un bestseller, diciamo oggi.

Tornando a Ceram, questi era riuscito a far diventare popolare l’archeologia, fino ad allora praticata per i tesori materiali e d’allora divenuta scienza fondamentale per la conoscenza della cultura antica, quando, in mancanza del documento scritto, era la sola fonte per la ricreazione di una civiltà antica, come lo era stata quella millenaria egizia, prima della decifrazione dei geroglifici. Oggi è divenuta scienza a pieno titolo dal tempo degli scavi improvvisati con una propria tecnica e strumenti moderni di registrazione e di indagine. Essenziali e imprescindibili in questa scienza sono oggi le tecniche di rilevamento e di stratigrafia che permettono una più sicura cronologia, attraverso il graduale fermo immagine fotografico per ogni fase di disseppellimento. Anche fondamentali e di estrema importanza per la certezza storica i Bollettini degli scavi e i saggi su funzione e cronologia dei reperti resa certa dall’analisi al radiocarbonio, partendo dal campione-contesto.

Tutto questo processo dinamico rimane nel segreto degli addetti ai lavori, a proseguire quasi la vicenda degli antichi egizi che usavano nei loro ideogrammi una scrittura demotica o popolare e una ieratica, privilegio esclusivo dei sacerdoti. Noi oggi lo indichiamo come privilegio dei clerici, in quanto tale lo fu anche nell’Europa nata dal crollo dell’Impero romano e diciamo fino a qualche decennio fa ancora persistente nell’analfabetismo di massa. Oggi certamente con i nuovi clerici, detentori e stregoni dell’informatica e della cibernetica.


Biblioteca di Alessandria

Per inciso l’altro giorno sono stati rinvenuti da una squadra di archeologi e studiosi egiziani e della Repubblica dominicana a Taposiris Magna, tempio presso Alessandria d'Egitto in una delle 16 tombe rupestri i resti di una mummia con una lingua d'oro in bocca. La tecnica risalirebbe ad epoca greco-romana e verosimilmente al tempo di Cleopatra VII Filopatore, ultima dei Tolomei (51 a.C.), madre di Cesarione, concepito con Cesare. Sul sito sono state rinvenute 16 tombe con mummie in un cattivo stato di conservazione. L’amuleto in lamina d'oro a forma di lingua permetteva di parlare con Osiride, signore degli inferi e giudice dei morti.

Questa premessa era necessaria per spiegare quanto possa oggi rendermi felice che quel mio primo amore, fallito per difficoltà obiettive di lavoro in un’attività così specifica, sia stato raccolto da una mia allieva del glorioso Liceo classico “Garibaldi” di Palermo, che ha avuto la fortuna di realizzare il mio sogno e di viverlo nel desiderio e nella realtà. Questo atto di amore è stato adempiuto da Maria Grazia Mimmo (ogni indicazione biografica online). Il risultato di questa scelta è testimoniato dal romanzo Negimet. La signora della valle (Luoghi interiori edizioni, Città di Castello, 2019).

Con questa sua opera sono entrato direttamente nella narrazione e nei luoghi mostrati in diversi cortometraggi da Roberto Giacobbo e illustrati ancora di recente, quasi in contemporanea della mia lettura, dal sorriso accattivante dell’onnipresente Zahi Hawass in una serata dedicata alla tomba della regina Hatshepsut, nel programma “Freedom - Oltre il confine”.


Maria Grazia Mimmo

Dicevo un romanzo, quello di Mimmo. Sì, proprio un romanzo, eccezionale per la connotazione narrativa di una vicenda che è in genere ristretta agli specialisti dell’archeologia con i succitati protocolli. È, con diverso mezzo, simile all’operazione sulla quale Giacobbo insiste con le sue immagini. Tuttavia al realismo e all’oggettivismo delle immagini Mimmo dà invece spazio all’invenzione della parola ed è tutt’altra cosa. Lì il luogo come appare oggi, con una serie di scenografie e sovrapposizioni esplicative, i ruderi di una struttura, talvolta spregiudicatamente ricostruita per strabiliare i turisti. Nel romanzo di Mimmo, la vita di quella società attivata dalla fantasia e dall’introiezione nel lettore di luoghi e personaggi. La grande differenza obiettiva tra il romanzo e la sua trasposizione nell’immagine, cioè la perdita di quell’afflato fantastico che può dare solo la lettura interiore.

Il romanzo di Mimmo è inoltre originale nella sua strutturazione. Si tratta di un presente che pur nelle deviazioni affabulative e inventive è pur sempre soggettivo, diciamolo pure autobiografico. Io sostengo che quel celebre “Madame Bovary c’est moi” non è mummificato al caso dell’equivoco Flaubert, ma è reale in chiunque si accinge a scrivere. E aggiungo non solo per chi pretende di inventare una storia, sentimentale o poliziesca, come va di moda, ma anche per chi scrive saggi. Addirittura per chi vuol raggiungere la problematica obiettività della Storia. La Storia di Europa di Croce è il risultato delle sue personali ideologie politiche e della sua cultura acquisita nell’arco della vita, ma addirittura dalle sue amicizie e dalla sua esperienza quotidiana,. Così lo è per tutti, anche per me che scrivo queste note.

Originale è la struttura del romanzo di Mimmo. Da una parte dunque evidente la sua autobiografia, l’amore per l’Egitto, calato attraverso gli insegnamenti del suo idealizzato professore, che resta il suo “duca e maestro”, il suo Virgilio, attraverso un viaggio di approccio, diciamo turistico, verosimilmente realizzato e un successivo viaggio fantastico alla ricerca del marito di Negimet. Questo obiettivo, motivato dall’esperienza didattica e dalla tesi, si interseca con la guida turistica del primo viaggio, diventato l’idealizzato amore, bramato e non dichiarato, e con la presenza attiva del proprio maestro a delucidare e chiarire, ad organizzare luoghi e soggiorni. Su questa base, guidata da due personaggi reali, il professore e la guida, la narrazione si sarebbe potuta orientare verso un reportage di viaggio alla scoperta e alla trascrizione diaristica di luoghi e personaggi di allora. I tanti diari che segnarono la storia del settecentesco Grand Tour, da Goethe a Jean-Pierre Hoüel, gli abusati travel, allora journey o voyage. Il commento ai luoghi, ai protagonisti e alla loro storia sarebbe stata una dissertazione arida, perché semplicemente storico-erudita.

Mimmo supera questa asperità dell’erudizione e del saggio con un espediente, fa narrare la storia dalla stessa donna-faraone Negimet che si presta con gioia a fare da guida allettata anche dalla speranza di trovare la tomba dell’adorato marito. Così il terrore per dei cani infuriati la porta all’incontro in stato di profonda assenza di coscienza con la regina della sua ricerca, al sogno di un viaggio in quel monte che conosciamo attraverso le immagini di Giacobbo. Da questa particolare testimone ci viene presentata la più stupenda di tutte le donne egizie antiche, famosa quanto e più di Cleopatra, la incantevole e misteriosa Hatshepsut (1513/1507 a.C. circa - 16 gennaio 1458 a.C. ), quinta sovrana della XVIII dinastia e seconda donna faraone dopo Nefrusobek della XII dinastia (ca. 1806-1802 a.C.). La realtà si mescola al sogno e si sviluppa in una trama di connessioni tra antico e presente, un intercalare di colloqui che illustrano in forma di vita vissuta realtà lontane millenni, un itinerario che ci coinvolge ed incanta per la magia dei luoghi.

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L’Archeologia per tutti

di Carmelo Fucarino 05 febbraio 2021

Voglio premettere che l’archeologia è stato l’amore che mi portò ad iscrivermi a Lettere classiche, anche se il percorso del Liceo classico poteva condurre a questa scelta privilegiata, ma non alla sola

Il mio primo incontro appena saliti i gradini ed entrato nell’antisala della facoltà di Archeologia di Palermo fu quello con la copia di una statua acefala di Afrodite. Forse non l’avrei notata, se il bidello non mi avesse accolto con il suo ammiccante cenno del capo: «Ci pirdì ‘a testa», riferendosi all’ardore della sua passione da perderci la testa.
Lo straordinario di questa scelta fu anche un altro. Ebbi come professore Achille Adriani, a Palermo dal 1948 al 1966, allora Direttore del Museo greco-romano di Alessandria di Egitto, occupato in una campagna di scavi nella città alessandrina (Documenti e ricerche di arte alessandrina, in 4 voll., 1947-1959, Lezioni sull’arte alessandrina, 1972), oltre alla scoperta di Himera I con le sue campagne di scavo del 1963-65.


Carmelo Fucarino

Non fu pertanto un caso se il mio corso di studi riguardò la speciale struttura planimetrica della città di Alessandria. Quei miei primi amori avevano trovato base e sostegno anche dalla lettura di quello straordinario saggio Civiltà sepolte del giornalista tedesco Kurt Wilhelm Marek in arte C.W. Ceram, con la sollecitante prefazione del grande Ranuccio Bianchi Bandinelli (Collana Saggi, n.161, Einaudi, Torino, 1952-2015). Il saggio, guarda caso, ha come sottotitolo Il romanzo dell’archeologia. Dopo la prima parte dedicata a  Il libro delle statue, al creatore della scienza Johann Joachim Winckelman con la sua Geschichte der Kunst des Alterthums del 1763 e poi ad Heinrich e al tesoro di Priamo della supposta, trafugato in Germania sul corpo della moglie Sophia. Proprio la seconda parte del saggio è dedicata a Il libro delle piramidi, a partire dal geniale interesse di Napoleone che si portò al seguito l’archeologo Champollion, che portò al fortunoso rinvenimento della stele trilingue di Rosetta e alla decifrazione dell'iscrizione tolemaica fino ad Howard Carter e alla tomba di Tut-ench-Amu. Il testo attivò e nutrì il mio amore per la lunga vicenda delle scoperte archeologiche, e fu la bibbia dell’archeologia da divenire un bestseller, diciamo oggi.

Tornando a Ceram, questi era riuscito a far diventare popolare l’archeologia, fino ad allora praticata per i tesori materiali e d’allora divenuta scienza fondamentale per la conoscenza della cultura antica, quando, in mancanza del documento scritto, era la sola fonte per la ricreazione di una civiltà antica, come lo era stata quella millenaria egizia, prima della decifrazione dei geroglifici. Oggi è divenuta scienza a pieno titolo dal tempo degli scavi improvvisati con una propria tecnica e strumenti moderni di registrazione e di indagine. Essenziali e imprescindibili in questa scienza sono oggi le tecniche di rilevamento e di stratigrafia che permettono una più sicura cronologia, attraverso il graduale fermo immagine fotografico per ogni fase di disseppellimento. Anche fondamentali e di estrema importanza per la certezza storica i Bollettini degli scavi e i saggi su funzione e cronologia dei reperti resa certa dall’analisi al radiocarbonio, partendo dal campione-contesto.

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Questa premessa era necessaria per spiegare quanto possa oggi rendermi felice che quel mio primo amore, fallito per difficoltà obiettive di lavoro in un’attività così specifica, sia stato raccolto da una mia allieva del glorioso Liceo classico “Garibaldi” di Palermo, che ha avuto la fortuna di realizzare il mio sogno e di viverlo nel desiderio e nella realtà. Questo atto di amore è stato adempiuto da Maria Grazia Mimmo (ogni indicazione biografica online). Il risultato di questa scelta è testimoniato dal romanzo Negimet. La signora della valle (Luoghi interiori edizioni, Città di Castello, 2019).

Con questa sua opera sono entrato direttamente nella narrazione e nei luoghi mostrati in diversi cortometraggi da Roberto Giacobbo e illustrati ancora di recente, quasi in contemporanea della mia lettura, dal sorriso accattivante dell’onnipresente Zahi Hawass in una serata dedicata alla tomba della regina Hatshepsut, nel programma “Freedom - Oltre il confine”.


Maria Grazia Mimmo

Dicevo un romanzo, quello di Mimmo. Sì, proprio un romanzo, eccezionale per la connotazione narrativa di una vicenda che è in genere ristretta agli specialisti dell’archeologia con i succitati protocolli. È, con diverso mezzo, simile all’operazione sulla quale Giacobbo insiste con le sue immagini. Tuttavia al realismo e all’oggettivismo delle immagini Mimmo dà invece spazio all’invenzione della parola ed è tutt’altra cosa. Lì il luogo come appare oggi, con una serie di scenografie e sovrapposizioni esplicative, i ruderi di una struttura, talvolta spregiudicatamente ricostruita per strabiliare i turisti. Nel romanzo di Mimmo, la vita di quella società attivata dalla fantasia e dall’introiezione nel lettore di luoghi e personaggi. La grande differenza obiettiva tra il romanzo e la sua trasposizione nell’immagine, cioè la perdita di quell’afflato fantastico che può dare solo la lettura interiore.

Il romanzo di Mimmo è inoltre originale nella sua strutturazione. Si tratta di un presente che pur nelle deviazioni affabulative e inventive è pur sempre soggettivo, diciamolo pure autobiografico. Io sostengo che quel celebre “Madame Bovary c’est moi” non è mummificato al caso dell’equivoco Flaubert, ma è reale in chiunque si accinge a scrivere. E aggiungo non solo per chi pretende di inventare una storia, sentimentale o poliziesca, come va di moda, ma anche per chi scrive saggi. Addirittura per chi vuol raggiungere la problematica obiettività della Storia. La Storia di Europa di Croce è il risultato delle sue personali ideologie politiche e della sua cultura acquisita nell’arco della vita, ma addirittura dalle sue amicizie e dalla sua esperienza quotidiana,. Così lo è per tutti, anche per me che scrivo queste note.

Originale è la struttura del romanzo di Mimmo. Da una parte dunque evidente la sua autobiografia, l’amore per l’Egitto, calato attraverso gli insegnamenti del suo idealizzato professore, che resta il suo “duca e maestro”, il suo Virgilio, attraverso un viaggio di approccio, diciamo turistico, verosimilmente realizzato e un successivo viaggio fantastico alla ricerca del marito di Negimet. Questo obiettivo, motivato dall’esperienza didattica e dalla tesi, si interseca con la guida turistica del primo viaggio, diventato l’idealizzato amore, bramato e non dichiarato, e con la presenza attiva del proprio maestro a delucidare e chiarire, ad organizzare luoghi e soggiorni. Su questa base, guidata da due personaggi reali, il professore e la guida, la narrazione si sarebbe potuta orientare verso un reportage di viaggio alla scoperta e alla trascrizione diaristica di luoghi e personaggi di allora. I tanti diari che segnarono la storia del settecentesco Grand Tour, da Goethe a Jean-Pierre Hoüel, gli abusati travel, allora journey o voyage. Il commento ai luoghi, ai protagonisti e alla loro storia sarebbe stata una dissertazione arida, perché semplicemente storico-erudita.

Mimmo supera questa asperità dell’erudizione e del saggio con un espediente, fa narrare la storia dalla stessa donna-faraone Negimet che si presta con gioia a fare da guida allettata anche dalla speranza di trovare la tomba dell’adorato marito. Così il terrore per dei cani infuriati la porta all’incontro in stato di profonda assenza di coscienza con la regina della sua ricerca, al sogno di un viaggio in quel monte che conosciamo attraverso le immagini di Giacobbo. Da questa particolare testimone ci viene presentata la più stupenda di tutte le donne egizie antiche, famosa quanto e più di Cleopatra, la incantevole e misteriosa Hatshepsut (1513/1507 a.C. circa - 16 gennaio 1458 a.C. ), quinta sovrana della XVIII dinastia e seconda donna faraone dopo Nefrusobek della XII dinastia (ca. 1806-1802 a.C.). La realtà si mescola al sogno e si sviluppa in una trama di connessioni tra antico e presente, un intercalare di colloqui che illustrano in forma di vita vissuta realtà lontane millenni, un itinerario che ci coinvolge ed incanta per la magia dei luoghi.

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di Carmelo Fucarino 05 febbraio 2021

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Il mio primo incontro appena saliti i gradini ed entrato nell’antisala della facoltà di Archeologia di Palermo fu quello con la copia di una statua acefala di Afrodite. Forse non l’avrei notata, se il bidello non mi avesse accolto con il suo ammiccante cenno del capo: «Ci pirdì ‘a testa», riferendosi all’ardore della sua passione da perderci la testa.
Lo straordinario di questa scelta fu anche un altro. Ebbi come professore Achille Adriani, a Palermo dal 1948 al 1966, allora Direttore del Museo greco-romano di Alessandria di Egitto, occupato in una campagna di scavi nella città alessandrina (Documenti e ricerche di arte alessandrina, in 4 voll., 1947-1959, Lezioni sull’arte alessandrina, 1972), oltre alla scoperta di Himera I con le sue campagne di scavo del 1963-65.


Carmelo Fucarino

Non fu pertanto un caso se il mio corso di studi riguardò la speciale struttura planimetrica della città di Alessandria. Quei miei primi amori avevano trovato base e sostegno anche dalla lettura di quello straordinario saggio Civiltà sepolte del giornalista tedesco Kurt Wilhelm Marek in arte C.W. Ceram, con la sollecitante prefazione del grande Ranuccio Bianchi Bandinelli (Collana Saggi, n.161, Einaudi, Torino, 1952-2015). Il saggio, guarda caso, ha come sottotitolo Il romanzo dell’archeologia. Dopo la prima parte dedicata a  Il libro delle statue, al creatore della scienza Johann Joachim Winckelman con la sua Geschichte der Kunst des Alterthums del 1763 e poi ad Heinrich e al tesoro di Priamo della supposta, trafugato in Germania sul corpo della moglie Sophia. Proprio la seconda parte del saggio è dedicata a Il libro delle piramidi, a partire dal geniale interesse di Napoleone che si portò al seguito l’archeologo Champollion, che portò al fortunoso rinvenimento della stele trilingue di Rosetta e alla decifrazione dell'iscrizione tolemaica fino ad Howard Carter e alla tomba di Tut-ench-Amu. Il testo attivò e nutrì il mio amore per la lunga vicenda delle scoperte archeologiche, e fu la bibbia dell’archeologia da divenire un bestseller, diciamo oggi.

Tornando a Ceram, questi era riuscito a far diventare popolare l’archeologia, fino ad allora praticata per i tesori materiali e d’allora divenuta scienza fondamentale per la conoscenza della cultura antica, quando, in mancanza del documento scritto, era la sola fonte per la ricreazione di una civiltà antica, come lo era stata quella millenaria egizia, prima della decifrazione dei geroglifici. Oggi è divenuta scienza a pieno titolo dal tempo degli scavi improvvisati con una propria tecnica e strumenti moderni di registrazione e di indagine. Essenziali e imprescindibili in questa scienza sono oggi le tecniche di rilevamento e di stratigrafia che permettono una più sicura cronologia, attraverso il graduale fermo immagine fotografico per ogni fase di disseppellimento. Anche fondamentali e di estrema importanza per la certezza storica i Bollettini degli scavi e i saggi su funzione e cronologia dei reperti resa certa dall’analisi al radiocarbonio, partendo dal campione-contesto.

Tutto questo processo dinamico rimane nel segreto degli addetti ai lavori, a proseguire quasi la vicenda degli antichi egizi che usavano nei loro ideogrammi una scrittura demotica o popolare e una ieratica, privilegio esclusivo dei sacerdoti. Noi oggi lo indichiamo come privilegio dei clerici, in quanto tale lo fu anche nell’Europa nata dal crollo dell’Impero romano e diciamo fino a qualche decennio fa ancora persistente nell’analfabetismo di massa. Oggi certamente con i nuovi clerici, detentori e stregoni dell’informatica e della cibernetica.


Biblioteca di Alessandria

Per inciso l’altro giorno sono stati rinvenuti da una squadra di archeologi e studiosi egiziani e della Repubblica dominicana a Taposiris Magna, tempio presso Alessandria d'Egitto in una delle 16 tombe rupestri i resti di una mummia con una lingua d'oro in bocca. La tecnica risalirebbe ad epoca greco-romana e verosimilmente al tempo di Cleopatra VII Filopatore, ultima dei Tolomei (51 a.C.), madre di Cesarione, concepito con Cesare. Sul sito sono state rinvenute 16 tombe con mummie in un cattivo stato di conservazione. L’amuleto in lamina d'oro a forma di lingua permetteva di parlare con Osiride, signore degli inferi e giudice dei morti.

Questa premessa era necessaria per spiegare quanto possa oggi rendermi felice che quel mio primo amore, fallito per difficoltà obiettive di lavoro in un’attività così specifica, sia stato raccolto da una mia allieva del glorioso Liceo classico “Garibaldi” di Palermo, che ha avuto la fortuna di realizzare il mio sogno e di viverlo nel desiderio e nella realtà. Questo atto di amore è stato adempiuto da Maria Grazia Mimmo (ogni indicazione biografica online). Il risultato di questa scelta è testimoniato dal romanzo Negimet. La signora della valle (Luoghi interiori edizioni, Città di Castello, 2019).

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