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PREMIERATO: Approdato all’aula del Senato ove è in fase di discussione il disegno di legge costituzionale


"Rischi e pericoli per la democrazia" a causa del fatto che tutti i parlamentari non sono scelti dagli elettori ma dai capi-partito, attraverso una loro collocazione in posizione utile nell'ambito di liste bloccate
di Avv.Stefano Antonio Scaduto 01 giugno 2024
presidente Centro Studi De Gasperi di Sciacca


Il disegno di legge costituzionale del Governo Meloni di introduzione dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio, cosiddetto Premierato, dopo essere stato parzialmente emendato dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato, è approdato all’aula del Senato ove è in fase di discussione.

Gli obiettivi dichiarati di tale riforma sono il voler impedire in futuro governi presieduti da “tecnici” pescati fuori dalla politica, conferendo ai cittadini il potere esclusivo di scelta del Premier, ed una maggiore stabilità dei governi, sulla base dell’investitura popolare diretta del Presidente del Consiglio. La frase più usata da Giorgia Meloni a sostegno del Premierato è questa: “diamo ai cittadini il potere di scegliere direttamente la persona da cui vogliono farsi governare”. Si tratta di un’ affermazione apparentemente convincente, ma che non risulta più tale se si riflette che essa non è preceduta dalla dichiarazione da parte di Giorgia Meloni di quello che dovrebbe essere l’obiettivo prioritario di un Governo che abbia a cuore il pieno rispetto della volontà popolare: ridare innanzitutto ai cittadini italiani la libertà di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento, mentre tuttora e da molto tempo essi ne sono privati da una legge elettorale a causa della quale gli eletti al Parlamento, in assenza dell’impossibilità per l’elettore di indicare una preferenza, sono in realtà dei “nominati” dai capi partito, Giorgia Meloni compresa.

La prima fondamentale obiezione che dunque si può muovere all’obiettivo dichiarato dal Governo Meloni di far eleggere direttamente dai cittadini il Presidente del Consiglio è che esso non è stato coniugato con la necessità prioritaria di restituire ai cittadini la libertà di scegliere realmente i propri rappresentanti in Parlamento. Ed è innanzitutto questo il primo motivo che dovrebbe indurre a dire no all’attuale disegno di legge di elezione diretta del Presidente del Consiglio; non se ne dovrebbe neppure discutere se prima non sarà restituita ai cittadini la libertà di scegliere realmente i loro rappresentanti in Parlamento, e cioè la libertà di scegliere coloro che sono chiamati, non solo ad approvare le leggi, ma anche a controllare l’operato del Presidente del Consiglio e del Governo nella sua interezza.

Già oggi, senza premierato, assistiamo ad un’ evidente e preoccupante subordinazione di tutti i parlamentari ai loro segretari di partito, Giorgia Meloni compresa, proprio a causa del fatto che essi sono eletti, non perché scelti dagli elettori, ma perché favoriti dai loro capi- partito, attraverso una loro collocazione in posizione utile per essere eletti nell’ambito di liste bloccate. In tale contesto, l’eventuale approvazione dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio, in assenza di una previa restituzione ai cittadini della libertà di eleggere realmente i parlamentari, determinerebbe un aumento enorme del potere del Presidente del Consiglio ed un ulteriore gravissimo indebolimento del Parlamento, con parlamentari schiavi non più solo dei loro rispettivi leaders ma tutti assoggettati alla volontà del Premier eletto, in considerazione del potere di quest’ultimo di obbligare il Presidente della Repubblica, in caso di crisi di governo, a sciogliere le Camere. Vi sarebbe così un Parlamento sotto il ricatto del Premier eletto dal popolo, con una assoluta mancanza di quell’equilibrato bilanciamento fra poteri, e segnatamente fra il potere legislativo ed il potere esecutivo, che costituisce una caratteristica fondamentale di una democrazia liberale e di uno Stato di diritto.

L’introduzione dell’elezione diretta del Capo del Governo, contrariamente alle dichiarazioni di Giorgia Meloni, determinerebbe anche una evidente riduzione dei poteri del Presidente della Repubblica. Qualora la riforma del Premierato fosse approvata, il Capo dello Stato manterrebbe solo formalmente il potere di sciogliere le Camere, ma, come accennato, a condizionare l’esercizio di tale potere, in caso di crisi di governo, sarebbe il Presidente del Consiglio eletto dal popolo, che potrebbe obbligare il Presidente della Repubblica allo scioglimento delle Camere. Più in generale, si può facilmente prevedere che nel rapporto fra un Premier eletto dal popolo ed un Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento, in caso di contrasti, il primo potrebbe subito rivendicare di avere un’investitura popolare diretta, con conseguente indebolimento del ruolo istituzionale del Presidente della Repubblica che, nel permanere di un rapporto conflittuale con il Premier eletto dal popolo, farebbe molta fatica a svolgere quel ruolo di garante dell’unità nazionale, formalmente immutato, ma che di fatto, con il Premierato, sarebbe sostanzialmente depotenziato.

Contro il parere di quasi tutti i costituzionalisti uditi nella prima Commissione Affari Costituzionali del Senato, il disegno di legge di elezione diretta del Presidente del Consiglio prevede l’introduzione in Costituzione di un riferimento vincolante sulle caratteristiche della futura legge elettorale; in particolare esso prevede che : “La legge disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i princìpi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio, assegnato su base nazionale, garantisca il 55 per cento dei seggi in ciascuna delle due Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio dei ministri”.

La previsione di un premio di maggioranza assegnato su base nazionale, come evidenziato in passato da studiosi di sistemi elettorali, e anche da autorevoli personalità politiche, primo fra tutti da Don Luigi Sturzo, costituisce un elemento distorsivo della rappresentatività dei singoli territori di collegio in cui è articolato ai fini elettorali il territorio nazionale. Infatti, il premio di maggioranza, assegnato su base nazionale, determinerebbe l’elezione di soggetti che, non avendo avuto consensi tali da determinarne in via normale l’elezione nel collegio di appartenenza, sarebbero eletti solo in forza del loro essere candidati nelle liste collegate al candidato Premier eletto. Ma il difetto più grave di tale disposizione, segnalato da molti costituzionalisti rimasti inascoltati, è la mancata prioritaria previsione di quale debba essere la soglia minima di voti, in termini percentuali rispetto al totale dei voti validi, che una coalizione deve conseguire per ottenere il premio di maggioranza su base nazionale fino al 55% dei seggi di Camera e Senato; ne consegue che, sulla base di tale disegno di riforma, una coalizione potrebbe ottenere il premio di maggioranza del 55% dei seggi di Camera e Senato sulla sola base del fatto di avere conseguito più voti rispetto alle altre, anche quando la soglia di voti conseguita fosse, in termini generali, bassa. Solo per fare un esempio, una coalizione che avesse conseguito appena il 30% dei voti validi, purché risultasse la più votata fra tutte quelle partecipanti alle elezioni nazionali, potrebbe ottenere, in base al disegno di legge del Premierato, il 55% dei seggi nelle Camere, con un abnorme quasi raddoppio dei seggi che avrebbe conseguito in termini proporzionali, conseguente al suo collegamento con il Premier eletto dal popolo.

Un altro motivo per dire no al Premierato è costituito dai rischi connessi all’attuale quadro geopolitico. Viviamo in tempi di guerra, con due guerre vicine, la prima in Europa e la seconda nel Medioriente. Dal momento in cui la Russia ha invaso l’Ucraina fino ad oggi, i governi italiani succedutisi hanno compiuto la scelta di inviare armi a sostegno dell’Ucraina; quasi tutte le forze politiche che hanno condiviso tale scelta, hanno affermato a più riprese che l’Italia, pur sostenendo militarmente l’Ucraina, non è in guerra con la Russia né che sia pensabile che il nostro Paese invii propri soldati in Ucraina. Tuttavia, da tempo il Segretario della Nato Stoltemberg, la Francia di Macron e i Paesi baltici premono perché tutti i Paesi che hanno fornito sostegno militare all’Ucraina mettano in conto la possibilità di inviare truppe sul campo. Rispetto ad un tale scenario in cui potrebbe essere chiesto all’Italia di inviare propri soldati a sostegno dell’Ucraina, l’approvazione del Premierato segnerebbe l’accentramento in capo al Premier eletto anche di ogni decisione al riguardo, con un totale assoggettamento del Parlamento alla volontà sul punto del Premier eletto; pertanto, l’estrema delicatezza dello scenario internazionale rappresenta un motivo ulteriore per dire no al Premierato, che accentrerebbe in capo ad una sola persona una decisione così grave e gravida di conseguenze imprevedibili per l’Italia. Meglio allora in tale contesto mantenere un assetto bilanciato di poteri in grado di garantire che decisioni così gravi vengano assunte con la partecipazione ed il coinvolgimento sostanziale del Parlamento.

Si ritiene che bastino queste considerazioni per dire che il disegno di legge di riforma costituzionale del governo Meloni, finalizzato all’ elezione diretta del Presidente del Consiglio, così come concepito, è fonte di gravi rischi e pericoli per la democrazia italiana.



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